Ho conosciuto Padre Filippo Bardellini d.O. nel 1935 per mezzo di una signora di Cologna Veneta benefattrice dell'Opera di Don Giovanni Calabria e di quella di Padre Filippo. Ella me ne parlò di entrambi con tanto entusiasmo considerando i due pii sacerdoti come due anime piene d'amor di Dio e del prossimo.
Il 18 aprile 1936 entrai nell'Istituto Poverette della Casa di Nazareth. Subito rimasi ammirata per lo spirito semplice e schietto, allegro e affabile, mite ed umile di padre Filippo. Le virtù che ho maggiormente notato nella condotta del padre sono: l'umiltà, la carità, l'uguaglianza di spirito, l'abbandono in Dio e lo spirito di preghiera. Il padre riteneva l'umiltà il fondamento di tutte le altre virtù. Per questo godeva di essere umiliato e cercava in ogni modo di tenersi umile e basso il concetto di se stesso. Penso che questo gli abbia costato molto, data la sua viva sensibilità. Voleva che anche le Sorelle si esercitassero e amassero questa bella virtù. Era così innamorato di essa a tal punto che diceva in una delle sue massime: "O Santa, o cara, o prediletta umiltà! San Francesco d'Assisi sposò la povertà! Mio Dio, ch'io sposi l'umiltà".
Come potrete notare la carità è una delle virtù più eccellenti praticate dal padre. Egli amava tutti, sia amici che nemici con lo stesso amore, con la medesima bontà e affabilità. Aveva un cuore grande e sensibile verso le necessità di ciascuno. Per tutti coloro che andavano a trovarlo nel suo studio egli aveva sempre una parola di incoraggiamento, un tratto gioviale, una parola faceta, specie quando c'era bisogno di sollevare un animo abbattuto, lenire una pena del cuore, detergere una lacrima. Il padre era affabile con tutti anche con coloro che lo facevano maggiormente soffrire nell'intimo del suo animo delicato e buono. La sua squisita carità e profonda sensibilità in un momento in cui nessuno si interessava lo spinse a fondare quest'Opera di umana e cristiana carità a vantaggio dei più bisognosi: gli handicappati psichici o chiunque si trovasse in difficoltà.
Io ero incaricata dell'assistenza delle bambine ospiti. Posso testimoniare che il padre sapeva adattarsi alle esigenze e alle capacità delle piccole ospiti. Padre Filippo aveva a cuore che le bambine ricevessero un'istruzione e una educazione adeguata alle singole capacità di ognuna e voleva che quelle che riuscivano meglio negli studi, sostenessero i regolari esami presso la scuola statale del luogo. La sua uguaglianza di spirito e abbandono in Dio acquistavano gli animi delle persone che avvicinava. Il suo atteggiamento era costantemente sereno e gioioso. Durante la sua malattia furono molte le persone che andavano da lui per avere un consiglio e una parola di conforto. Tutti uscivano dal suo studio edificati e rinnovati nello spirito.
Nel 1944-'45, quando la seconda guerra mondiale infuriava anche nelle nostre zone, grande era per il padre la responsabilità di tante creature che egli ospitava nelle varie Case dell'Opera. Egli, pieno di fede e di abbandono in Dio, non faceva pesare a nessuno la sua preoccupazione e l'intima sofferenza, ma aveva sempre una parola di incoraggiamento per tutti. Ci incitava a credere e a pregare. "Pregare con fede - diceva - e con amore". Ripeteva spesso: "Come sai e vuoi fa di me, o Signore, perché lo so che tu mi ami". E ancora: "Signore, non la mia ma la tua volontà sia fatta!". Padre Filippo è sempre stato un'anima di intensa preghiera. Trascorreva lunghe ore in adorazione davanti al Santissimo Sacramento dell'altare. Nutriva una viva devozione per tutti i santi, in special modo per la Sacra Famiglia di Nazareth e per lo Spirito Santo che egli chiamava il grande dimenticato. Padre Filippo amava meditare spesso il Padre Nostro e diceva: "Il Padre Nostro ben meditato e praticato basterebbe a farci santi, senza tanti libri". Egli soleva recitarlo in ringraziamento delle grazie ricevute, non solo ma anche nelle grandi prove, quali lo scoppio di Volargne. Spesso diceva che anche le prove, viste con occhio di fede, sono grazie, ed esortava a pregare con fiducia dicendo che noi vediamo quello che succede, ma non sappiamo cosa potrebbe succedere se non pregassimo.
Secondo me il Padre è santo eroico nel modo di accettare il disastro di Volargne, l'incomprensione di alcune persone e nella serena accettazione della sua malattia. Ritengo che la sua glorificazione sia utile e vantaggiosa per tutta la chiesa. Con i suoi luminosi esempi di vita vissuta in un totale abbandono in Dio può essere di sprone a tante anime a seguirlo nella via della santità.
Madre Olimpia Edotti,